A Lezione di Visual Merchandising : come progettare un display o una vetrina che comunichi davvero
Ogni allestimento nasce da una domanda semplice: cosa voglio comunicare e far sentire a chi guarda?
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Questo post nasce dalla prima puntata di Lezioni di Visual Merchandising, il format in cui impariamo a leggere e progettare il Visual Merchandising come un linguaggio, non solo come una tecnica.
In questa lezione voglio parlarti di come si progetta un allestimento — e di quali elementi tenere in considerazione durante l’anno per creare coerenza, riconoscibilità e meno fatica decisionale.
Perché ogni allestimento (grande o piccolo, stagionale o di transizione) racconta una storia e quella storia deve far sentire qualcosa di familiare a chi guarda: fiducia, curiosità, appartenenza.
Lo scopo: la bussola di ogni allestimento
Il punto di partenza non è “Cosa mettiamo in vetrina?”, ma “Cosa vogliamo che le persone sentano passando davanti alla nostra vetrina?”.
Nel mio libro Visual Merchandising Essenziale scrivo proprio questo:
“Ogni vetrina nasce da uno scopo narrativo che poi si trasforma in tema, prodotti e props.”
Lo scopo — o purpose — è la bussola che dà senso alle scelte visive, ai materiali, alla luce e ai colori.
Quando sai cosa vuoi comunicare, tutto diventa più semplice anche, e specialmente, nel periodo natalizio, dove la tentazione è aggiungere : più luci, più oro, più movimento , l’impatto nasce spesso dal contrario: dal sapere cosa togliere.
Le quattro fasi di progettazione
Per esperienza, un allestimento efficace nasce da un processo allenabile, fatto di metodo e visione.
Io lo sintetizzo in quattro fasi che insegno ai miei studenti e utilizzo nei miei progetti:
1. Osservazione
Guarda ciò che esiste — dentro e fuori dal brand.
Osserva i concorrenti, ma anche le strade, le stagioni, le persone.
Come ripeto spesso in Appunti di Retail:
“Osservare le vetrine degli altri non serve per copiare, ma per allenare lo sguardo.”
2. Intenzione
Scegli una direzione narrativa e un tono emotivo: vuoi essere rassicurante o provocatorio? caldo o distaccato? poetico o concreto?
L’intenzione è ciò che dà ritmo e coerenza al progetto.
3. Traduzione visiva
Qui entra in gioco la brand identity: colori, materiali, prodotti iconici, ritmo espositivo: tutto comunica.
Un buon Visual Merchandiser traduce l’identità del brand in forma visiva, non decora, ma traduce.
4. Esecuzione coerente
Ogni elemento (luce, display, composizione, proporzioni) deve parlare la stessa lingua.
Come scrivo nel libro:
“La coerenza è riconoscibilità.”
Ogni allestimento è un atto di sintesi visiva di ciò che si vuole dire.
Gli elementi della riconoscibilità visiva
La riconoscibilità nasce dai dettagli coerenti, se ci pensi, ogni grande brand parla attraverso i propri segni visivi: colore, materia, forma, composizione, pensa a :
Tiffany & Co. comunica eleganza, intimità e desiderio solo con il suo blu iconico.
Burberry racconta tradizione attraverso il check pattern, nato come fodera e diventato icona culturale.
Louis Vuitton trasforma il monogramma in memoria visiva e viaggio.
Nike usa lo Swoosh per esprimere movimento e potenza.
Ci insegnano una cosa fondamentale ovvero che serve mantenere un filo riconoscibile è quello che chiamo grammatica visiva del brand: un linguaggio coerente che evolve senza tradire sé stesso.
Natale: il test definitivo per la coerenza visiva
Il periodo natalizio è la prova più difficile per ogni brand, è la stagione più visiva e riconoscibile — ma anche quella più rischiosa per l’identità, perché è facile inseguire tendenze e decorazioni “a tema” perdendo coerenza, un allestimento natalizio non deve trasformare il brand, ma esprimerne l’essenza attraverso la lente della festa.
“Ogni Natale è un modo per ribadire chi siamo, non per cambiare voce.”
Armani resta minimal anche sotto le luci.
Tiffany mantiene il suo blu, i suoi vuoti e la sua calma.
Dior aggiunge poesia, ma conserva eleganza e ritmo.
L’obiettivo è restare leggibili — anche in mezzo al rumore.
L’errore più comune
L’errore più frequente? Partire dal tema e non dal messaggio.
“Facciamo il bosco incantato.”
“Facciamo il Natale dorato.”
“Facciamo il ghiaccio.”
Il problema non è il tema in sé, ma la mancanza di identità, ogni tema può funzionare, se nasce da un messaggio coerente, altrimenti diventa maschera.
Un buon allestimento, come un buon testo, funziona quando non ha elementi di troppo.
Il takeaway per chi progetta e osserva
Se lavori nel retail o ami questo mondo, la prossima volta che progetti o guardi una vetrina chiediti:
“Qual è l’emozione? Qual è il messaggio?”
Cammina in città, osserva, fotografa, prendi appunti, chiediti: cosa mi parla davvero di quel brand? Il colore? la calma? il ritmo? il prodotto?
Le vetrine migliori sono quelle che restano nella mente di chi le guarda!
Ogni vetrina funziona solo se dietro c’è una storia e ogni storia funziona solo se ha un’identità chiara.
Allenare lo sguardo, scegliere con intenzione, e restare coerenti: questo è il vero cuore del Visual Merchandising.
Scrivimi nei commenti o nei social: quale vetrina ti ha colpito di più quest’anno, e perché?
Alla prossima